lunedì 16 gennaio 2012

Lucio Battisti - Il mio canto libero


La Numero Uno fu la prima etichetta indipendente, per parecchi anni la più prolifica e con più successi nel panorama discografico. Le ragioni di tutto ciò, oltre alla presenza di Battisti e Mogol era la coesione del gruppo. Suonavano, scrivevano, cantavano aiutandosi l’uno con l’altro,  succedeva così di vedere Lucio aiutare Lavezzi nella composizione di un pezzo e poi magari entrare in sala e mettere la sua voce nel coro, senza chiedere partecipazioni o firme. Gli unici che si tenevano in disparte era la PFM forse per una mai dichiarata avversità verso Giulio, non era un uomo facile, io stesso non condividevo le sue idee i suoi modi di agire, ma non per questo non gli riconoscevo una straordinaria genialità, aveva quella incredibile capacità di capire e di tradurre il tutto con una semplicità disarmante, le parole gli uscivano dalla penna con la naturalezza dell’acqua fresca, insomma aveva il dono. Misterioso il connubio con Lucio, così diversi eppure così complementari, c’era tra loro una magia indefinibile. Ricordo un giorno proprio in occasione della registrazione di questo disco assieme a Giulio e alla Vanda andammo alla Fonorama, la sala d’incisione vicino a via Ripamonti, Lucio stava lavorando su quell’incisione ormai da molte settimane credo addirittura da mesi, assieme ai componenti della PFM. Ci fece ascoltare “il mio canto libero”. Dopo un pò Giulio prese in disparte Lucio, uscirono dalla cabina di regia e nella sala d’aspetto con la sua voce roca e stonata Mogol gli si mise alle spalle e cantò il pezzo come secondo lui doveva essere, personalmente mi sembrava un’accozzaglia di note stonate, ma non per Battisti. Non aggiunse altro, richiamò Francone Mussida, fece spegnere le luci nella sala di registrazione e di prima botta cantò il brano così come poi sarebbe uscito, quale polvere magica gli avesse soffiato nell’orecchio nessuno lo poteva sapere, ma certo qualcosa successe.
Con quello spirito di partecipazione collettiva si facevano anche le copertine, così quando dovetti fare questa foto chiamai a raccolta tutti gli artisti della Numero Uno con mogli a seguito, c’era da Lucio con consorte a mio fratello che non era del gruppo ma era grande amico, c’era da Oscar a Radius, la mitica Antonella con la Maionchi. Quando misi la macchina fotografica per fare l’inquadratura mi accorsi che c’era un problema, un grosso problema, la distanza della testa dalle mani alzate sacrificavano l’inquadratura, non c’era altra soluzione che farli sdraiare. Non fu facile perché tenere le braccia in quel modo per molto tempo era faticosissimo poi c’era da metterli in posizione, presi dallo sfinimento nell’ilarità generale si scatenavano le battute. Si passò quindi alle gambe e qui la storia si fece seria, per leggerezza non avevo avvertito che dovendo dare la sensazione che le persone fossero nude, sarebbe stato necessario togliersi i pantaloni le scarpe le calze e le gonne. Per quanto riguardava le donne non ci fu problema, le ragazze non fecero una piega si tolsero ogni cosa che creasse impedimento, per gli uomini fu una lunga ed estenuante trattativa, forse anche perchè qualcuno non si era cambiato le mutande. L’immagine che ne uscì raccontava lo spirito dell’etichetta oltre al contenuto del disco.




Il progetto però non fu sviluppato esattamente come era nato. Le foto della copertina sarebbero dovute essere stampate su carta trasparente in modo che estratta la busta interna dove fisicamente era contenuto il disco, le mani e i piedi si sarebbero toccati sovrapponendosi, perché è nella musica il cuore e l’anima degli uomini e quando non c’è il cuore la passione, le braccia e le gambe diventano inutili. Ma non fu possibile per una ragione di costi, di tiratura e di praticità tecnologica.

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