lunedì 30 aprile 2012

Ivano Fossati & Oscar Prudente - Poco prima dell'aurora


Oscar aveva pensato questo album per sé, poi la grande amicizia e l’affiatamento tra lui ed Ivano portò a questo esperimento di un disco insieme. Il titolo non ne sono certo ma credo di averlo trovato io, l’immagine è invece il frutto di uno dei primi collage che ha fatto Vanda. La base di partenza era una foto scattata durante un viaggio in Olanda, uno scorcio di un vicolo in un paese vicino ad Amsterdan mi pare che si chiamasse Monnickendam. L’Olanda e anche l’Irlanda sono state per me e Vanda mete amatissime, appena ci era data occasione si andava, non tanto per visitare i musei o i luoghi storici, ci piaceva respirarne l’aria, viverla, sentircela nostra, soprattutto la provincia dove la gente ti guarda in faccia e ti saluta, dove le case hanno le finestre e le porte aperte, dove la vita scorre normalmente, monotona e uguale a sé stessa.
Era tarda sera e vidi un cagnetto spelacchiato attraversare il vicolo, mi piaceva vedere questa figura rinchiusa tra le mura della via. Il sole a tramonto invece fu ripreso su un’isola di fronte la grande diga, l’isola di Texel. Bellissima da vedere, ma sferzata dai  venti che arrivando da mari gelidi rendono la permanenza difficoltosa. Ricordo che una mattina andammo verso il mare, il cielo era terso e come sempre il vento era teso, da lontano si vedeva una spiaggia bianca e l’acqua di un blu intenso, sulla battigia non si vedeva un anima. Avanzammo sull’altura dove stavamo, arrivando al limite, così da scoprire che sotto i nostri piedi dove la natura ed il vento avevano scavato una grande nicchia, una quantità inverosimile di persone pressati gli uni agli altri prendevano il sole ma nessuno, pur essendo estate inoltrata, faceva il bagno.
Stampai la foto e la virai in blu, Vanda mise le cose insieme aggiungendo il ritaglio dei due volatili presi da una rivista di disegni dell’ottocento. All’interno invece i ritratti di Oscar ed Ivano. Dovevano tenere in braccio il gatto che mi aveva regalato qualche tempo prima la fidanzata di Edoardo Bennato. Ma Nerone nome non a caso, rimase tranquillo tra le braccia di Oscar, ma non ci fu verso con Fossati.
Una piccola annotazione sul nome Nerone è necessaria. Quel gatto era molto dispettoso, ogni tanto visto che il loft dove stavo aveva una sala pose di almeno duecento metri quadrati, lui prendeva e correva tutto attorno cercando di attirare l’attenzione mia e di quelli che stavo fotografando, era un’esibizionista. Ogni tanto per avere più agio lasciavamo il gatto al mio amico Zacchetti. Una mattina dovevo fare delle foto a Bennato e mi necessitava lo spazio il più libero possibile, il gatto stava dal mio amico che beato lui lo adorava. Edoardo mentre si lasciava cullare dalla mia sedia a dondolo accanto alla finestra spalancata imbracciò la chitarra e incominciò a strimpellare cantando
” Menomale che adesso non c’è Nerone!” Non sò se fu casuale però...

sabato 21 aprile 2012

Lucio Battisti - Anima latina


Come altre volte ci si rivolse ai componenti della Numero Uno, appuntamento al Mulino con figli nipoti mamme zie e nonni per una festa all’aperto, portare con se di tutto pentole padelle strumenti musicali, questo fu il messaggio. Il Mulino era una specie di comune, una trovata di Giulio, convinto di essere il primo a sperimentare questo modo di vivere pretendeva da tutti solidarietà e condivisione, a volte mi sono chiesto se vivesse in un altro tempo, era il suo un autentico ritardo storico, scopriva le cose quando erano già state vissute, superate e dimenticate, ma in fondo era sempre stato sincero entusiasticamente sincero. Completamente ristrutturato, lo spazio comprendeva stanze da letto, una serie di saloni con divani e caminetto e una meravigliosa cucina. La sera ci si attardava a parlare di molte cose dalle più demenziali alle più serie, era interessante perché si confrontavano mondi diversi, sogni diversi, prospettive diverse. Per quanto fosse un’esperienza storicamente superata, riusciva ad avere in sè un germe di vivacità creativa. C’era uno spazio apposito dove suonare, diventato  con l’andare del tempo una sala di registrazione di grande livello. Amavo lavorare stando su un enorme terrazzo coperto, ricavato dal vecchio pagliaio, era in legno pregiato che profumava di cedro, da lì vedevo la vallata spingersi tra il bosco ed il lago.
Come dicevo riunimmo molti dei figli dei componenti della Numero Uno, convocando anche una modella, Dina, per interpretare l’Anima latina. La donna che avevo già usato per la copertina della Flora Fauna Cemento, anni dopo la incontrai su un set dove giravo uno spot pubblicitario e scoprii che in realtà faceva la sarta.
Scegliemmo i maschi tra i 10 e  i 14 anni per rendere più realistica l’immagine. Volevo raccontare i primi pruriti sessuali, la curiosità per l’altro sesso e il timore, la timidezza. In effetti i ragazzi ogni volta che Dina faceva svolazzare la gonna si fermavano a guardare. Quando sfiancati dalla fatica s’accasciavano a terra circondando la Dina, gli occhi correvano nella scollatura, e quando si rendevano conto della presenza dei genitori, arrossivano abbassando lo sguardo. Certo sarebbe stato grande documentare una cosa simile ma, me ne accorsi solo dopo mentre facevo la scelta degli scatti buoni. Spesso si perde di vista il dettaglio che risulta determinante mentre si è distratti dall’insieme dell’immagine. Parlando con un grande del reportage Romano Cagnoni anche a lui era capitato di scoprire solo dopo quel particolare dettaglio che dava allo scatto un carattere determinante.


sabato 14 aprile 2012

Premiata Forneria Marconi


Con la PFM ci sono sempre stati degli alti e bassi. All’inizio quando da “Quelli” diventarono PFM le cose andavano alla grande. Conoscevo dall’infanzia Franco Mussida, era stato a lezione per anni dal medesimo maestro di musica di mio fratello, ci frequentavamo da quando abitava in fondo a viale Zara. Il gruppo dopo varie mutazioni passò sotto la mano del mitico Mamone diventando PFM. Il gruppo con questo nuovo nome andò a San Remo non tanto per presentare un loro pezzo, ma per supportare nascosti dietro giganteschi amplificatori quelli che si stavano esibendo. Mi venne da ridere quando da dietro un amplificatore sbucò la punta del piede degli stivaletti di Mussida. La Ricordi quell’anno mi aveva invitato visto che ero l’autore di almeno una decina di copertine dei dischi presenti. Per me e Vanda fu una bella vacanza, la sera dopo il festival andavamo in un locale dove la PFM si esibiva, erano strepitosi suonavano i pezzi dei Deep Purple dei King Crimson degli Emerson Lake and Palmer, ricordo Antoine ballare come un forsennato, in quel locale ci ritrovavi un po’ tutti, forse per disintossicarsi dalla sbornia di stupide canzonette.
Dopo San Remo con il nostro pulmino li seguimmo nella loro tournè sulla riviera Adriatica dove feci delle foto, da quelle immagini furono tratti cinque manifesti, uno per ogni componente, che esposti uno accanto all’altro formavano un enorme unico poster; era sicuramente la prima volta che per pubblicizzare un gruppo musicale si usasse un’affissione di quelle dimensioni tre metri per tre.
La loro prima copertina non è opera mia, ma di mia moglie Vanda, straordinaria pittrice e splendida donna. Quando presentai il dipinto creato apposta per il loro disco, non tutti erano d’accordo, al loro interno c'era una corrente esterofila che trovava l'immagine naif. La scelta era in effetti frutto della volontà di essere diversi dalle immagini perfette, cercavamo il contenuto anche attraverso una tecnica elementare. Una persona non ebbe dubbi, la Mara responsabile dell'ufficio stampa della Numero Uno, era la vulcanica e straordinaria per simpatia e sincerità, Mara Maionchi, e così tra mugugni e simpatie la copertina rimase quella che poi uscì.



Per l’uscita invece del loro primo 45 giri, detti ai ragazzi della PFM l’appuntamento in un campo di granturco verso la zona del Parco sud di Milano, alle cinque di mattina. Gli scatti però quando li vidi non mi soddisfecero, erano privi di personalità sciatte anche di luce, forse sarebbe stato necessario un rafforzo di luce frontale. Proiettai la diapositiva scelta su un piano di Juta poi mi misi con la macchina fotografica di sguincio in modo da allungare le figure, il risultato non fu male ma non ne fui mai contento.



Come avevo raccontato in occasione della prima copertina di Prudente avevo conosciuto Giannicci, Oscar me lo aveva presentato incontrandolo sotto la Galleria del Corso, Gianni, così si chiamava l’amico, aveva un contratto con la galleria Borgogna a Milano e doveva preparare la sua mostra da lì a tre mesi. Abitava ad Albissola, e a Milano non aveva uno spazio dove poter dipingere, così vista l’abbondanza di spazio a disposizione gli offrii di stare da noi. La tecnica che usava era diversa da quella di Vanda, lui dipingeva i suoi grandi quadri con gli acrilici mentre Vanda pur utilizzando svariate tecniche preferiva per le sue cose l’olio. C’era da fare la seconda copertina della PFM e dopo la polemica per la prima, si pensò di confondere le idee con uno stratagemma. Occorreva la copertura di un artista affermato e Gianni era la persona giusta. Si disse allora che avremmo usato un quadro che Giannicci avrebbe fatto appositamente collaborando con Vanda. I due presero una decisione astrusa avrebbero fatta una facciata ciascuno.
L’immagine che ne uscì era senz’altro gradevole, ma priva di contenuti, non voleva dire nulla era priva di significato. Ne rimasero entusiasti, le immagini successive seguirono questo percorso, esteticamente perfette ma nient’altro. Da profano della musica credo che sia stato questo il problema di molti gruppi d’allora, tranne rari casi, tecnicamente perfetti ma privi di personalità.




domenica 8 aprile 2012

Perigeo - La valle dei templi


La RCA mi chiese di fare le foto per la copertina del disco del Perigeo, un gruppo che conoscevo di fama, si collocavano tra gli “Area” i “Napoli Centrale” ed i trasgressivi  Rava e Urbani. Fra loro si contavano musicisti che sarebbero diventati grandi nel mondo del jazz come il pianista D’Andrea, il sassofonista Fasoli, il bassista e leader del gruppo De Tommaso. Dovevo raggiungerli ad Agrigento dove partecipavano ad un festival. Non amavo l’aereo ho sempre preferito il treno ma non c’erano altre possibilità, avevano organizzato una spedizione di addetti stampa e critici musicali, ma io non conoscevo nessuno. Era la prima volta che andavo in Sicilia, l’aereo atterrò a Punta Raisi, tre o quattro macchine ci aspettavano per condurci attraverso mezza Sicilia. Viaggiai in compagnia dei due decani della critica musicale Franco Fayenz e Arrigo Polillo, erano simpatici anche se di quello che dicevano ne capivo la metà, io guardava la natura scorrere sui finestrini i colori e i paesaggi erano da mozza fiato. Arrivammo in un albergo nuovissimo lontano dalla città costruito a fianco di un cementificio. Con i componenti del gruppo che erano arrivati il giorno prima, decidemmo di fare un sopralluogo dove si sarebbe fatto lo spettacolo. La Valle dei Templi, era una meraviglia impossibile da descrivere, improvviso scoppiò un temporale violentissimo durò poco ma lasciò la natura stralunata, la temperatura era scesa di botto, la terra rosso fuoco brillava ed il cielo intarsiato dalle nuvole lasciava passare raggi di sole che sembravano lame di luce, non persi tempo e iniziai a scattare, in lontananza si poteva vedere la linea dell’orizzonte squillare sul mare, mentre sul lato opposto la città, con la prepotenza di un cemento disordinato e violento che rattristava quei monumenti silenziosi ed eterni.
Decisero che il festival si sarebbe spostato nel teatro della città. La sera ci fu il concerto. Era strano vedere intere famiglie con nonne nonni bambini piccoli accalcarsi dentro a quel teatro per ascoltare musicisti lanciare i loro suoni sincopati e complessi, non c’era nessuna sintonia tra il pubblico e gli artisti, erano lì perché non c’era altro da fare. I musicisti si susseguivano in una girandola che distraeva l’attenzione annoiata del pubblico. Finalmente lo spettacolo finì e tornammo tutti all’albergo. Allora mi resi conto che quella costruzione era assolutamente insensata, confinante con un cementificio aveva l’aria di un’isola nel deserto, il contrasto era indubbiamente la caratteristica di quella terra, un contrasto inquietante senza spiegazioni. Fu invece piacevole parlare con quei musicisti con Franco Fayenz di cui divenni amico, sentirli ricordare i cento festival a cui avevano partecipato gli aneddoti divertenti. Oltre a Franco conobbi Romano Mussolini e il clarinettista che suonava con lui un americano alto pelato con il pizzetto. Scot così si chiamava era un fiume in piena. Rimasi in piedi fino all’alba parlando con i componenti del gruppo.

venerdì 6 aprile 2012

Curare con amore


Sono un grande cacciatore  di realtà impossibili


Cavalcare i propri sogni non sempre è un’illusione



Oggi le margherite crescono nei giardini di pietra e gli uomini di ghiaccio si sciolgono al sole


Nel castello dei sogni gli abitanti sono giganti e i draghi sono nani