martedì 29 ottobre 2013

La memoria della pietra - Levigliani





Siamo all’inizio degli anni 50, il paese è una frazione di Stazzema località dove anni prima una
terribile strage da parte delle SS, fece ben 500 vittime tra vecchi donne e bambini trucidati senza pietà dentro una chiesa. Da poco la comunità di Levigliani è riuscita a ritornare in possesso della montagna di loro proprietà ottenuta alla fine del settecento da Leopoldo di Toscana. Vorrebbero attivarvi in cima una cava di marmo, ma le difficoltà sono enormi. Il paese si trova a 600 metri mentre il luogo di estrazione è a 1600, non esiste una strada per raggiungere la vetta ed in cima mancano acqua e energia elettrica. La comunità è fatta di gente povera che lavora in altre cave, ma sopravvissuta alla guerra, agli eccidi e alla fame non poteva spaventarsi difronte a qualsiasi difficoltà.
La prima cosa fu quella di recuperare una vecchia teleferica in disuso acquistandola a credito.
Approfittando dei sabati e delle domeniche il paese intero donne e bimbi compresi, salendo per una mulattiera si trascinarono su per la salita, le funi le arcate i piloni per piantare la funivia che portasse il materiale da 1600 metri ai 600 del paese, c’erano pezzi che non potevano essere smontati e potevano arrivare a pesare fino a 250 chili. Quando fu impiantata visto la precarietà venne utilizzata solo per portare gli strumenti. Ogni notte gli uomini che lavoravano in cima al Corchia dovevano arrampicarsi marciando per due ore con il rischio di cadere. Ma grazie alla teleferica poterono portare un generatore, per l’energia elettrica, scavare una piscina per l’acqua piovana. Passarono due anni durante i quali coloro che lavoravano in cima al monte venivano pagati con la metà dello stipendio di quelli che invece continuavano in altre cave. Ma a questa lotta partecipavano anche i commercianti del paese facendo credito fiduciosi che poi tutti avrebbero avuto il giusto. Finalmente il primo pezzo fu estratto, ora però doveva essere portato a valle. Ancora una volta la comunità si mosse all’unisono, bisognava costruire una via, la lizza che non era altro che una traccia scoscesa ripida. Ma la montagna presentava un dirupo insormontabile per cui per passare si doveva scavare una galleria. Con picconi e l’aiuto dell’intero villaggio fu fatto un buco di settanta metri. Ogni giorno festivo ognuno saliva a dare una mano e alla fine tutto era pronto. Nessuno dei paesi vicini avrebbe scommesso sul successo. Ci misero tre giorni per portare a valle con l’ausilio di corde e braccia forti il marmo del peso di circa 30 tonnellate. Quando arrivò in paese fu una grande festa, era iniziata una nuova era per il villaggio.

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