domenica 27 aprile 2014

Gian Piero Reverberi - Timer


Musicista raffinato e uno dei più importanti arrangiatori italiani, sue sono le orchestrazioni dei dischi di Battisti, fece questo disco dove rileggendoli in chiave ritmica, rivisitava gli autori classici da Beethoven a Mozart. La copertina fu il frutto della combinazione tra il reale e l’evocativo. Gianpiero fu fotografato in studio mentre la stanza fu ricostruita con l’areografo, alle orecchie sono state aggiunte delle cuffie ottenute dalla gestione grafica di due piedi, dietro la finestra mentre sta azionando l’esplosione c’è Alice. 
La Pausa era una società con sede a Los Angeles, creata da Casetta con un socio americano, avevano già prodotta la collana di jazz “Meets”, editato il padre di Coppola per la colonna sonora del Padrino e stavano costruendo a Carimate la Stones Castle Studios, ora avevano deciso di lanciare il disco di Reverberi negli Stati Uniti.  per questo mi proposero di girare un film promozionale della durata di una ventina di minuti che mostrasse al mercato americano, il Castello e le sale d’incisione, utilizzando come filo conduttore la musica di Gianpiero. Incominciai a ragionare con Gianfranco Manfredi per la sceneggiatura, il rischio era di diventare stucchevoli, quindi pensammo di porci rispetto le melodie melense in contrapposizione prendere la strada dell’assurdo. In effetti il nostro era sì un ragionamento corretto ma che non teneva conto degli americani o per meglio dire che cosa il suo pubblico si aspettasse dall’Italia. Tutto questo lo scoprii anni dopo durante la mia permanenza negli Stati Uniti. Cercammo una casa di produzione che fosse in grado di fare un preventivo e di mettere in piedi un set, c’era un vecchio amico di Gianfranco, Marco de Poli aiuto dei fratelli Taviani, era salito agli onori delle cronache per via di un giornaletto studentesco pubblicato dal Parini “La zanzara”, caratterialmente non era certo l’uomo giusto per un film del genere, ma ci capiva di cineprese molto meglio di noi, chiamammo poi un gruppo di attori provenienti dal teatro gestuale del CRT. In quel film succedeva di tutto da un duello tra mafiosi durante una ricostruzione fantasiosa dell’ultima cena di Leonardo, alla danza di un uomo in tutu con tanto di barba baffi e rossetto, alla distruzione di un televisore davanti una famiglia i cui volti erano nascosti dietro alle maschere antigas. Montai il film a Roma giusto in tempo per partire per Los Angeles, ma prima di andare fu mostrato a Reverberi il quale si ritenne profondamente offeso da quella pellicola. Certo i tratti erano forti, ma anticipavano quello che poi sarebbero stati i video-clip, era il 1976. Comunque mostrandolo agli americani rimasero interdetti, avrebbero voluto vedere più romanticismo, insomma volevano delle belle sviolinate. Non fu usato ne mostrato anche se un giorno un mio caro amico che lavorava come produttore cinematografico presso l’ONU se lo fece spedire da Milano attraverso le valige diplomatiche e lo mostrò all’assemblea con presente il segretario quel Kurt Waldheim tanto discusso per far vedere che la creatività italiana era andata oltre la retorica. Fu una grande sorpresa per me.




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