lunedì 31 marzo 2014

L'Oro dei Marmi (proiezione pontile)


L’anno scorso dopo aver invaso con le proiezioni per tre mesi Pietrasanta, abbiamo costruito un progetto su Forte dei Marmi. In effetti l’operazione avrebbe dovuto proseguire con Serravezza e alla fine con Stazzema, la Versilia Storica, ma per ora ci siamo fermati su Forte. Forte si trova alla fine della strada costruita da Michelangelo e voluta dai Medici, lì s’imbarcava il marmo che scendeva dalle Apuane. La sua fama inizia con l’arrivo delle grandi famiglie della borghesia italiana ed europea soprattutto negli anni trenta. Fu il luogo dove molti dei più importanti intellettuali amavano trascorre lunghi periodi, D’Annunzio, Montale, Ungaretti, Trecani, Thomas Mann, Malaparte, Italo Calvino e molti altri.


La tenda di proiezione al pontile

Abbiamo sviluppato il lavoro concentrandolo nella zona del pontile. Lì abbiamo proiettato con un taglio di 18 metri per 3, un filmato della duranta di 30 minuti circa utilizzando come schermo una tenda a fili bianchi posto all’imboccatura che permettesse al pubblico di passarvici attraverso. Il tema del filmato era poeticamente centrato sul concetto della bellezza territoriale, mantenuto vivo dalla voltà e dalla passione dei Fortimarmini. Nelle vasche d’acqua poste sui lati sono state immerse dodici poesie tratte dalle opere dei grandi scrittori che avevano frequentato il quarto platano, luogo storico della piazzetta di Forte. Mentre nel parchetto vicino su una decina di strutture di marmo alte un paio di metri venivano proiettate le interviste dei personaggi che avevano fatto la storia del Forte.








La casa - Parte 20

giovedì 27 marzo 2014

sabato 22 marzo 2014

La casa - Parte 12

Adriano Pappalardo (album)


Questa immagine fu progettata con la collaborazione oltre che di Vanda anche di Franco Marabelli, un pittore scenografo che anni dopo progettò i negozi Fiorucci in tutto il mondo. L’idea era interessante, proseguiva sul tragitto sottolineato nella prima copertina, portando la semplicità primordiale a diventare sacralità. Ma la realizzazione non mi ha mai entusiasmato era eccessiva, decadente,  pur mostrando il vero carattere di Adriano, forte possente con il cuore di un uomo e la forza di un cavallo, lo alleggeriva con dei disegni formalmente bellissimi ma fragili nel contenuto, molto formali. L’errore più grave fu l’incompatibilità estetica e grafica delle scritte, non fu colpa nostra perché solo pochi minuti prima di andare in stampa la casa discografica si decise a titolare il disco con il nome dell’artista e l’unica cosa che avevamo a portata di mano erano dei trasferibili e quelli usammo.

giovedì 20 marzo 2014

La casa - Parte 10

NON CREDO


C’è una cosa che più delle altre non sopporto: la mancaza di fiducia. Nella mia lunga carriera mi sono ritrovato a prospettare possibilità, mondi, situazioni che aprivano nuove vie, nuove strade chiudendo definitivamente le vecchie. Farò degli esempi precisi senza fare nomi:
Quando lavoravo nel mondo dei dischi all’inizio degli anni 70 dissi che l’era del 45 giri era finita e che si affacciava il momento del L.p., mi dissero che mi sbagliavo la singola canzone il 45 giri non sarebbe mai morto. Anni dopo feci un video finalizzando il tutto su una cassetta eravamo a metà degli anni 80 e quando parlai della possibilità di vendere le opere su cassetta mi dissero che poche famiglie italiane avevano il videoregistratore e non sarebbe mai decollato. Ma di questi esempi potrei farne a decine. La presa per i fondelli sta nel fatto che quando incontro qualcuno che mi dette quelle illuminate risposte mi abbraccia dicendomi “ Ma come avevi ragione!” Per cui mi ripropongo con nuove visioni e di nuovo si crea il medesimo meccanismo proprio con quelle persone che pochi istanti prima avevano dichiarata la loro cecità. Per me ciò che succederà in futuro per il mondo dell’immaginario non è mai stato chiaro come ora, ma so che comunque ne parlassi con qualcuno la sua risposta sarà sempre la stessa: vorrei ma non posso, ho le mani legate, ma in fondo NON CREDO !!!!!

mercoledì 19 marzo 2014

DUBAI

Non sono solito parlare di cronaca o di qualcosa in cui è presente la politica,ma quello a cui ho assistito ieri era surreale. Forse sono un allocco uno sprovveduto, ma mi piacerebbe che qualcuno me lo spiegasse. Qui a Pietrasanta ieri c’era un incontro tra le autorità del Dubai la regione Toscana la provincia e quant’altro delle istituzioni locali con gli artigiani e gli industriali locali. Dunque i rappresentanti del governo del paese arabo non c’erano ma c’erano invece l’ambasciatore italiano accompagnato dai vari enti sempre italiani di cui non ricordo le sigle. Credo che il compito di un rappresentante dello stato sia quello di promuovere il proprio di paese, invece con il plauso silente della regione ed altri questi magnificava la forza turistica del Dubai come un vero promoter, ma la cosa più assurda è stato quando ha incominciato ad elencare i vantaggi che quelle terre offrono: niente tasse, e mano d’opera a bassissimo costo, grazie alla presenza di molti emigrati dall’india. Avevo ancora negli occhi la trasmissione di Iacona sulla terza rete nella quale si denunciavano i marchi dell’alta moda italiana che grazie allo sfruttamento barbaro ottengono nei paesi del terzo mondo vantaggi economici incredibili, sbattendosene del trattamento disumano a cui sono fatto segno al limite dello schiavismo, gli operai. Non so se c’è stata una risposta adeguata da parte dei rappresentanti locali, non me la sono sentita di rimanere ancora e sono uscito. Scusate la mia ingenuità ma di che cazzo stiamo parlando? Forse il console italiano vuole convincere i suoi concittadini, per di più si vantava di essere Toscano, ad andare a passare le vacanze negli alberghi a centoventi stelle con la vista rivolta ad una selva di grattacieli e poi già che ci sono a trasferire le proprie attività in crisi lì dove non si pagano le tasse e si sfruttano i lavoratori emigrati dall’india con una paga da deportato, con la certezza che nessuno dirà nulla? Non sono mai stato un nazionalista non credo ai confini come non credo ai diritti d’autore, ma qui siamo all’inverosimile. Non si sta parlando di lotta all’evasione e di salvaguardia del made in Italy? E questi signori non sono pagati dai contribuenti italiani?

sabato 15 marzo 2014

La casa - Parte 6

Charles Aznavour - Il bosco e la riva


Avevamo da pochissimo tempo lo studio e giravamo ancora con il camioncino 850 che ci aveva accompagnato nei nostri vagabondaggi europei. Ci chiamarono chiedendoci di andare a Forte dei Marmi per fare delle foto ad Aznavour. L’artista francese si sarebbe esibito alla Capannina, locale storico di quegli anni, e la Ricordi stava per uscire con un nuovo disco. Partimmo all’alba, guidava Vanda anche perché io non avevo la patente, è la pigrizia che mi ha sempre convinto a non farla. La giornata era uggiosa, arrivammo che era mattina presto, ma dovemmo aspettare fino al primo pomeriggio per vedere Aznavour; non era ben disposto, ma sono sempre stato un mastino ed il fatto che lui fosse una stella internazionale non mi toccava per niente. Riuscii a portarlo in spiaggia e lo tormentai di foto. Poi dovendo aspettare, ci sdraiammo a riposare nel nostro camioncino dove ancora era rimasto impiantato un bel letto. La sera ci presentammo all’entrata ma volevano che pagassimo il biglietto, non avevamo un rimborso spese per cui avevo deciso che le foto fatte erano sufficienti, ma mentre stavo andandomene, fui inseguito dal capo ufficio stampa della Ricordi che ci fece entrare dal retro. Nei camerini dei musicisti c’era di tutto frutta dolci e non avendo ancora consumato un pasto decente arraffammo il possibile. Ci sentivamo fuori luogo, si respirava un’aria da Via Veneto ultima fermata però la voce di Aznavour era straordinaria, commovente, questo piccolo uomo arrampicato su uno sgabello emanava la sua arte nonostante il pubblico fosse presente solo per esserci. Feci pochi scatti e prima che finisse ce ne andammo. 
Le foto furono sviluppate con vigore aumentando i contrasti e virando l’immagine in blu, credo che questa sia stata una delle prime copertine in cui Vanda fosse intervenuta colorando alcune parti con i pastelli. 


Uno dei grandi problemi che incontrammo nel rapporto con le case discografiche fu la valutazione economica del nostro lavoro. I servizi fotografici anche se venivano commissionati dai discografici parte di essi potevano essere venduti alle testate giornalistiche, ma le immagini che noi facevamo erano studiate appositamente per la realizzazione delle copertine, inoltre alcune delle case discografiche come la Ricordi o la RCA all’inizio utilizzavano i loro uffici grafici interni per cui nonostante noi facessimo per intero il lavoro il compenso era modesto, inoltre i manager dell’industria discografica erano poco sensibili all’importanza dell’immagine.

domenica 2 marzo 2014

Mario Lavezzi - Filobus


La scelta ricadeva su di lei perché era più facile, pratico, sembrava un personaggio da fumetti aveva una mimica da vera attrice, però bisognava stare ai suoi tempi e anche ai suoi capricci, Alice in fondo era una diva. Il seggiolone giallo è stato un simbolo fondamentale, su quel seggiolone mangiava, si addormentava, giocava anche se lo studio e la casa erano grandi quanto la sala di un cinema, lì voleva stare, quello era la sua postazione dalla quale controllava ogni cosa. Una volta in casa c’erano De Andrè e Massimo Bubola e non c’era verso di farla addormentare, stava appollaiata su quel suo seggiolone, voleva essere presente, ma era tardi allora i due presero le loro chitarre e improvvisarono una ninna nanna. Ci misero un po’ ma alla fine si schiantò sul tavolino del seggiolone. Il desiderio di essere presente nella vita dello studio faceva sì che molte volte gli artisti ci dovessero giocare insieme, poi come spesso succedeva se rimanevano a pranzo o a cena, beh non c’era niente da fare li trascinava nella sua stanza ed erano sedute con i puffi o con la barbi, certo vedere Fossati giocare con la barbi non era male o Francesco di Giacomo trastullarsi nella casa dei puffi!!! 
Dovendo fare la copertina di Lavezzi “Filobus”, pensai di far fare un camioncino di marzapane che misi sul tavolino del seggiolone. 
L’immagine della copertina doveva essere divisa in quattro riquadri in ognuno dei quali Alice avrebbe dovuto mangiare un pezzo alla volta, l’intera torta filobus, non nella realtà perché avrebbe rischiato un gran mal di pancia, ma fatti i primi scatti si rifiutò di proseguire, era stanca e non si divertiva più per cui basta, quando s’impuntava non c’era nulla da fare e poi intervenne a darle man forte la Vanda. 
Le foto del retro le scattai in via Spartaco all’angolo di viale Monte Nero dove avevo lo studio. Feci fare una serie di corse a Mario per inscenare la salita sul filobus, credo anche che ad un certo punto per rendere la cosa più credibile salì ma prima che potesse scendere, l’autista chiuse le porte e partì. Tornò mezz’ora dopo. 


La mia amicizia con Mario è di vecchia data, abitavamo vicini e spesso si usciva insieme. Quando poi tornato dalla mia esperienza inglese avevo messo su lo studio e mi ero sposato con Vanda, frequentavamo un gruppo di amici comuni con la passione per la fotografia, uno era un dentista, Renato Artusi grande amico di Giulio e Lucio. Quando mi serviva un’ottica dell’ Hassemlad, visto che avevo solo il corpo della macchina,  me la facevo imprestare proprio da Renato, quegli obiettivi costavano uno sfracello e in quel periodo non avevamo una lira. Anche quando c’era da curarsi i denti, sfacciatamente ci rivolgevamo al buon Renato. 
Un anno si decise di passare la sera del capodanno nello studiolo che avevano messo su questo gruppo di amici. Fu una serata piacevole ma vicini allo scoccare della mezzanotte, Mario inventando la scusa che doveva accompagnarmi a trovare mia madre, mi trascinò fuori lasciando la sua compagna da sola con Vanda. In effetti andammo verso la mia vecchia casa, ma si fermò sotto l’abitazione di un altra sua fidanzata alla quale disse che era passato solo per fare il brindisi, doveva scappare, aveva una serata e per rendere la cosa credibile le mostrò dalla finestra la macchina con il suo collega, cioè io, che lo aspettava. Come un merluzzo rimasi in macchina per almeno un’ora. C’eravamo sposati da soli dieci giorni e il nostro primo capodanno lo abbiamo trascorso io in macchina mentre lei a casa dei nostri amici con il bicchiere in mano a rincuorare l’altra fidanzata di Mario.